Le prime esplorazioni di queste grotte furono compiute negli
anni 50 dalla "Commissione Grotte E. Boegan di Trieste".
Nel 1964 il parroco di Pradis di Sotto, Don Terziano Cattaruzza,
decise di trasformare il posto in un luogo di culto e attrattiva turistica.
Con l’aiuto di alcuni ragazzi e parrocchiani, riuscì a mettere
in luce quello che oggi può destare tanta ammirazione.
L'orrido è intitolato a Don Giacomo Bianchini che nel 1921,
attraverso i versi di una poesia, esaltava la bellezza del posto e presagiva
quello che sarebbe avvenuto 50 anni dopo.
Giungendo dal parcheggio, lungo la strada in porfido, ci
troviamo di fronte tre caverne, dominate dalla Torre del "Carillon"
che diffonde la sua musica in tutta la valle.
Oueste grotte un tempo furono abitate da uomini e animali
preistorici. All’interno infatti sono venuti alla luce numerosi resti di
"Ursus Spelus", marmotte, strumenti di selce, cocci di vasi:
reperti che verranno depositati quanto prima nel museo, a Pradis di Sotto.
La più grande cavità è la "Grotta della Madonna", un
vasto salone che ospita nel fondo una pregevole Madonna in bronzo dorato,
opera del M.tro Costantini di Assisi.
Sulla destra entrando, si apre l’imbocco di un breve diverticolo
occupato da materiale detritico e nella parte superiore si può ammirare il
"Camino" con evidenti colate Concrezionali.
Durante la Messa Natalizia del 24 Dicembre 1968, la Grotta è
stata denominata Tempio Nazionale degli speleologi.
Da allora, ogni anno, il Gruppo Speleologico di Pradis cura
l’organizzazione della "Messa di Natale in Grotta", una
manifestazione che richiama migliaia di persone.
Nella caverna adiacente vi e’ un posto di ristoro funzionante
prevalentemente durante la stagione estiva.
Scendendo poi lungo la scalinata che porta nei meandri
dell’orrido, si può ammirare l’imponenza del fenomeno erosivo del Torrente
Cosa che ha creato un profondo intaglio nelle rocce calcaree.
Numerosi sono gli antri che si affacciano alle pareti a livelli
diversi, alcuni dei quali sono sbocchi di antichi affluenti sotterranei ormai
estinti.
Giunti in fondo ai 207 scalini, attraverso un ponticello su uno
stretto intaglio sopra il torrente Cosa, ci si trova di fronte ad un
imponente Crocefisso, opera del M.tro Gatto di Treviso.
Da qui si diramano due possibili percorsi. Uno attraversa una
breve grotta e giunge in un bischetto da cui è possibile ammirare una parte
della forra e la cascata creata dalle acque del Rio Mola.
L’altro, invece, prevede il superamento di alcuni ponticelli per
giungere proprio sopra la predetta cascata.
Dalla parte opposta al crocifisso si risale il torrente fino a
raggiungere un ampia caverna e, proseguendo, il sentiero ci introduce in una
grotta di 200 metri parzialmente illuminata che, in alcuni tratti, presenta
delle colate concezionali.
Sul lato opposto del torrente Cosa si trova invece una caverna
non ancora attrezzata.
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